Al festival digitale popolare abbiamo parlato con Giacomo Biaghi, presidente di Stratosferica, un’impresa sociale specializzata in consulenza urbana e city making, e codirettore del festival internazionale sulle città Utopian Hours.
Con lui abbiamo di Stratosferica, della sua importanza in italia e all’estero e dell’dentità di una città.
QUAL È STATA LA SUA ISPIRAZIONE INIZIALE NELLA FONDAZIONE DI QUESTA IMPRESA SOCIALE?
Soprattutto il fatto che le città ci gasano tantissimo, ci piacciono e vediamo spesso che l’approccio è noioso, triste, accademico, che punta a tirarne fuori solo gli aspetti negativi. Invece noi volevamo raccontare le città con gioia, con entusiasmo, andare a trovare i casi più belli da tutto il mondo, costruire un festival che celebri il bello di vivere nelle città.
D’altronde se da 4 mila anni metà della popolazione del mondo, 4 miliardi di persone, scelgono le città per vivere, ci sarà una ragione.
COME DEFINISCI IL VALORE DI STRATOSFERICA NEL PANORAMA DEL CITY MAKING, DELLA TRASFORMAZIONE URBANA IN ITALIA E ALL’ESTERO?
In Italia non abbiamo concorrenti, siamo il top e siamo gli unici che producono contenuti internazionali, totalmente in inglese, facciamo progetti di ricerca in più di tre realtà al mondo ogni anno, quindi abbiamo un’unicità in questa volontà di ricerca e divulgazione internazionale. Nel mondo purtroppo negli ultimi anni si sono un po’ spenti altri attori sul tema, però rimangono molto forti per esempio Bloomberg, Associate, Rockefeller, London School of Economics, Sciences Po, ci sono alcune realtà con cui siamo in un collegamento continuo che portano avanti questa ricerca gioiosa sul futuro delle città.
STRATOSFERICA LAVORA ANCHE SUL CITY MAKING E PLACE MAKING, COME SI COSTRUISCE OGGI L’IDENTITÀ DI UNA CITTÀ?
Secondo me facendo, il momento della riflessione, delle lezioni, delle letture è dannatamente finito, quindi prendere in mano un pezzo della città e farlo diventare più bello. L’abbiamo fatto con il Ponte Margherita, con il famoso celebrato Pre-Collinear Park, in un ex pezzo di tram di smesso, lo stiamo facendo a Farini, di fronte al gasometro e al campus dell’Unitò. Tanti volontari, tante persone, anche senza autorizzazione, anche senza chiedere il permesso, magari poi si chiede scusa, ma se si fa una cosa bella, se si migliora la propria città facendo e non solo parlando, secondo me è la migliore modalità di fare quello che si chiama con una parola un po’ incomprensibile place making, che alla fine è rimboccarsi le maniche, magari chiedere scusa e non permesso e migliorare dannatamente la propria città.
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