Durante la seconda giornata del Festival Digitale Popolare 2025 abbiamo avuto l’occasione di intervistare la Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Save The Children, Giorgia D’Errico.
In quanto ospite durante il panel “La città dei festival”, incentrato sul ruolo dei format culturali per la promozione della cittadinanza attiva e digitale, le abbiamo domandato come cultura e tecnologia possano diminuire il divario digitale.
Innanzitutto le tecnologie digitali possono diminuire il divario culturale, cioè la povertà educativa, che in questo caso specifico diventa povertà digitale.
La diminuzione delle disuguaglianze sociali e digitali e la diffusione degli strumenti permettono di avere una maggiore consapevolezza di questi ultimi. Inoltre la facile accessibilità alle informazioni e nello stesso tempo la capacità di distinguere quali fonti siano affidabili e quali meno è molto d’aiuto.
Alcuni temi del Festival sono le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, per questo ci siamo chiesti quali siano le opportunità ma anche i rischi legati al loro impiego, soprattutto per i più giovani ed in che modo li si possa educare al digitale.
Ciò rappresenta proprio uno dei focus dei programmi di Save the Children. Giorgia D’Errico racconta che sono sempre stati contro il divieto all’utilizzo degli smartphone e delle tecnologie in generale perché convinti che le nuove generazioni, e non solo, possano essere coscienti ed imparare a farne un buon uso.
Ci si è accorti che nei giovani mancano molto le competenze digitali e da parte loro viene fatto un uso passivo del mezzo, le informazioni vengono recepite ma non si sa cosa ci sia dietro tutto quel mondo. Di conseguenza, l’obiettivo di Save the Children è innanzitutto insegnare loro come difendersi dal mondo virtuale. D’Errico ci fa notare che, a suo avviso, un errore degli adulti è quello di proteggere i ragazzi dal mondo reale ma molto poco da quello digitale, realtà molto vicina ai giovani nella quale può accadere di tutto.
Save the Children, attraverso dei programmi scolastici come ad esempio “Connessioni digitali”, dà la possibilità agli studenti, durante l’ora di educazione civica, di svolgere dei progetti utilizzando le tecnologie e spiegando loro quali siano i pericoli, a partire dal tema dell’identità digitale, quali le informazioni utili da cui attingere e come proteggersi da quella generazione di dati che ormai vivono quotidianamente.
Infine, abbiamo voluto sapere del suo lavoro di advocacy e relazione all’interno di Save the Children ed in particolare del “digital lobbying”, per comprendere cosa fosse e quali effetti abbia avuto nel suo campo.
Per chi si occupa di relazioni istituzionali i dati rappresentano il tesoro di quest’epoca storica, tant’è che quelli dei contatti di Save the Children rappresentano il “caveau” dell’associazione e la sua eredità.
La possibilità di sistematizzare e ingegnerizzare questi dati, per chi si occupa di relazioni e ha la necessità di mantenerle, viene supportata dal digital lobbying perché si fonda proprio sull’impiego di piattaforme che si aggiornano costantemente. Ad esempio, permettono di venire a conoscenza degli incarichi di figure istituzionali che nel tempo potrebbero cambiare oppure sono in grado di fornire tutte le notizie che arrivano dalle rassegne stampa. Così, la stessa D’Errico, può prepararsi ad un incontro, facilitando i passaggi che lo precedono, in quanto informata su quanto detto da una persona e sul ruolo che questa assume o assumerà. È anche possibile ottenere un report di quelli che sono stati gli incontri e le esperienze pregresse di quella figura, permettendo di conoscerne lo storico.
Potersi continuamente modernizzare, aggiornando il team e gli altri colleghi è utile per un lavoro più efficiente ed efficace. La piattaforma impiegata fornisce esattamente le notizie, le informazioni che servono per il lavoro di relazione, per trasferire i messaggi di advocacy e per avere un contatto costante con quello che accade anche all’interno delle istituzioniIn conclusione, rimane fondamentale l’intelligenza delle persone, perché tutti i dati devono essere caricati, sistematizzati, analizzati e, ovviamente, riempiti di informazioni.
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